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Settant'anni dalla rivolta di marzo nella Striscia di Gaza

  • Immagine del redattore: Maher Sharif
    Maher Sharif
  • 1 mar
  • Tempo di lettura: 7 min

Aggiornamento: 24 mar

La Striscia di Gaza è stata teatro di molti piani di sfollamento della popolazione abitante e trasferimento al di fuori della loro patria. All'inizio degli anni '50 fu elaborato un piano per sfollare ampie fasce della popolazione della Striscia di Gaza e trasferirle nel deserto nord-occidentale del Sinai, ma all'inizio di marzo 1955 si verificò una rivolta popolare che costrinse le autorità egiziane ad abbandonarlo.



Bambini palestinesi in un campo profughi di Gaza
Bambini palestinesi in un campo profughi di Gaza, 1 novembre 1956 (Pridan Moshe/GPO)

La rivolta del marzo 1955 fu organizzata congiuntamente dai gruppi comunisti e islamisti per contrastare il piano ONU-egiziano di trasferire nel deserto del Sinai nord-occidentale le persone palestinesi rifugiatesi nella Striscia di Gaza durante la Nakba. Ampiamente sostenuta dalle masse e chiara nelle sue richieste, la rivolta riuscì a bloccare il progetto di reinsediamento.


Il contesto della rivolta


All'inizio del 1948 la popolazione totale della Striscia di Gaza era di quasi 80.000 persone. Alla fine dell'anno, la popolazione era più che triplicata, dopo che quasi 200.000 persone provenienti da varie città e villaggi palestinesi erano affluite nella Striscia durante e dopo la guerra di Palestina. Le persone rifugiate furono smistate in otto campi. 


In seguito alla firma dell'accordo di armistizio tra Egitto e Israele, il 24 febbraio 1949, la Striscia si trovò ad essere governata da un governatore militare egiziano che godeva degli stessi privilegi di cui godeva l'Alto Commissario britannico [durante il Mandato Britannico,] prima della Nakba.


Nel 1953, il governo egiziano, salito al potere con la Rivoluzione egiziana del 1952, stava ancora trovando la sua strada sul fronte della politica estera ed era alle prese con diverse questioni interne, quando accettò un piano di trasferimento di 12.000 famiglie rifugiate dalla Striscia di Gaza in appezzamenti di terreno nel deserto nord-occidentale del Sinai (dopo aver bonificato la terra reindirizzandovi annualmente porzioni di acqua del Nilo).


Il piano fu messo a punto dal governo egiziano e l'Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l'Occupazione delle Persone Palestinesi Rifugiate nel Vicino Oriente (UNRWA) e godette del sostegno dell'amministrazione statunitense, che accettò di stanziare 30 milioni di dollari. All'epoca, questo progetto di reinsediamento era considerato una questione seria, perché la sua esecuzione era stata tracciata nei dettagli e il governo egiziano e l'UNRWA erano entrambi determinati a portarlo a termine.


Nel 1953 le forze israeliane iniziarono ad attaccare i campi profughi palestinesi nella Striscia di Gaza, nel tentativo di contenere le singole operazioni che prendevano di mira gli insediamenti israeliani situati in prossimità dei confini della Striscia. La notte del 28 agosto, un'unità militare israeliana lanciò un attacco al campo di al-Bureij, causando la morte di cinquanta civili. L'attacco fu percepito come parte di una strategia per smantellare i campi e aprire la strada al trasferimento della popolazione rifugiata. La popolazione rispose con una grande protesta presso la scuola secondaria per rifugiati di al-Bureij, chiedendo libertà pubbliche e l'istituzione di una Guardia Nazionale Palestinese per proteggere i confini dei campi.


L'incursione israeliana del 28 febbraio 1955


All'inizio del 1954, il Segretario di Stato americano John Foster Dulles sperava di portare tutti i Paesi del Medio Oriente a sostenere un piano statunitense di ampio respiro per contrastare l'Unione Sovietica, e a tal fine si adoperò per risolvere le tensioni nella regione, a cominciare da Egitto e Israele. 


Nell'estate del 1954, dopo che l'amministrazione Eisenhower aveva facilitato un accordo tra Egitto e Gran Bretagna che prevedeva il ritiro delle forze britanniche dalla loro base sul Canale di Suez, i funzionari del Dipartimento di Stato iniziarono a redigere una proposta dettagliata per un piano di pace tra Egitto e Israele, indicato con il nome in codice di Operazione Alfa.


Ciononostante, le frange espansionistiche israeliane non erano pronte a procedere verso un accordo di pace con l'Egitto, cosa che divenne evidente dopo la rivelazione di uno "scandalo" che coinvolgeva il ministro della Difesa israeliano Pinhas Lavon. Lavon aveva attivato una rete di spionaggio all'interno dell'Egitto, ordinando diverse operazioni contro obiettivi egiziani, britannici e statunitensi selezionati. Lo scopo delle operazioni era quello di creare instabilità per indurre il governo britannico a mantenere le proprie truppe nella zona del Canale di Suez. L'avversione di Israele alla pace divenne ancora più chiara quando il nuovo Ministro della Difesa, David Ben-Gurion, che prestó giuramento il 21 febbraio 1955, dopo le dimissioni di Lavon, cementò la sua politica di ferro con una devastante incursione nella Striscia di Gaza, la più violenta da quando era stato firmato l'accordo di armistizio tra Israele e l'Egitto.


La sera del 28 febbraio 1955, un'unità di paracadutisti israeliani attaccò un campo militare egiziano vicino alla stazione ferroviaria di Gaza City, uccidendo diciassette soldati nel sonno, apparentemente perché dei militanti palestinesi avevano ucciso un israeliano a Rehovot. L'attacco fu anche un'imboscata; una forza egiziana si precipitò a soccorrere i soldati del campo, causando altre perdite militari egiziane. L'attacco provocò trentotto morti e trentatré feriti. Su richiesta del governo egiziano, si riunì il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che, il 29 marzo 1955, emise la risoluzione 106, condannando l'attacco israeliano alla Striscia di Gaza.


La risposta popolare al programma di trasferimento della popolazione rifugiata


I movimenti popolari contro il progetto di trasferimento nel Sinai erano iniziati non appena i giornali egiziani avevano pubblicato i primi accenni al piano nel maggio 1953. Ma il 1° marzo 1955, subito dopo l'assalto israeliano alla Striscia di Gaza, si svolse una manifestazione di massa presso la Official Palestine School di Gaza City, dove insegnanti, studenti, autisti di autobus e proprietari di negozi intonarono: "Nessun trasferimento, nessun insediamento/ Abbasso gli agenti statunitensi" e "Hanno redatto il progetto del Sinai con l'inchiostro/ Lo cancelleremo con il sangue". Le forze di polizia egiziane aprirono il fuoco sui manifestanti, uccidendo Hosni Belal, un operaio tessile della città di al-Majdal che era diventato un rifugiato nella Striscia di Gaza.


Le manifestazioni si svolsero in città, villaggi e campi in tutta la Striscia, da Beit Hanoun a nord a Rafah a sud. I manifestanti bruciarono auto appartenenti a funzionari militari egiziani e attaccarono le sedi delle agenzie ONU e i magazzini dell'UNRWA.


I manifestanti, appartenenti all'ala comunista, la Fratellanza Musulmana e indipendenti, continuarono a manifestare anche nei giorni successivi. Le manifestazioni vennero supervisionate dal Comitato Nazionale Supremo, che si riuniva presso la sede del Sindacato degli Insegnanti dell'UNRWA. Rappresentanti del comitato vennero selezionati in ognuno degli otto campi della Striscia e vennero formati dei sottocomitati per proteggere le persone che manifestanti. [Tale organizzazione] costrinse le autorità egiziane ad autorizzare il direttore delle indagini della Striscia di Gaza, Saad Hamza, a negoziare con i rappresentanti del Comitato nazionale supremo. Due rappresentanti, il segretario generale del Partito Comunista Palestinese Muin Bseiso e il leader dei Fratelli Musulmani Fathi al-Balaawi, incontrarono Hamza e gli comunicarono le richieste dei manifestanti: 

  • l'annuncio pubblico da parte dei media ufficiali egiziani dell'annullamento del progetto di trasferimento nel Sinai; 

  • l'addestramento e l'armamento di [personale di sicurezza] palestinese nei campi, per assicurare la difesa dalle incursioni israeliane; 

  • la persecuzione giudiziaria di tutti i funzionari che spararono proiettili veri contro i manifestanti; 

  • libertà civili per la popolazione palestinese nella Striscia (soprattutto la libertà di pubblicare, di riunirsi e di scioperare); 

  • la garanzia di immunità giuridica per coloro che avevano partecipato alle proteste.


Poco dopo [l'incontro], il governatore militare della Striscia di Gaza, il Maggiore Generale Abdallah Refaat, che si era rifugiato ad al-Arish allo scoppio delle proteste, rilasció una dichiarazione in risposta alle richieste del Comitato Nazionale Supremo, promettendo di porre fine al progetto di trasferimento nel Sinai, di redigere una nuova legge per l'addestramento e l'armamento dei residenti nei campi profughi della Striscia, di garantire le libertà civili e di non perseguire le persone che avevano partecipato alle proteste.


Tuttavia, queste promesse furono rapidamente disattese. Refaat sollecitò i battaglioni militari egiziani di stanza nel deserto del Sinai a lanciare una massiccia campagna di arresti nella notte tra l'8 e il 9 marzo 1955; i membri del Comitato Nazionale Supremo, così come molti insegnanti, studenti e lavoratori, vennero arrestati e trasferiti nella prigione centrale di Gaza e ad Arish, per poi essere trasferiti nella prigione generale egiziana, dove rimasero fino al luglio 1957. Refaat smantellò anche il Sindacato degli insegnanti dell'UNRWA, ordinando forti misure penali contro chiunque avesse istigato scioperi o sit-in.

Dopo la rivolta

Il raid israeliano contro obiettivi militari egiziani nella Striscia di Gaza del 28 febbraio e le proteste di massa che ne sono seguite hanno rappresentato un cambiamento nel corso della Rivoluzione egiziana del 1952 e negli approcci dei suoi leader. In un discorso agli studenti dell'Accademia militare egiziana, Gamal Abdel Nasser annunciò che l'assalto israeliano alla Striscia di Gaza sarebbe stato un punto di svolta nella storia dell'Egitto e della regione. Questa svolta si espresse in due importanti eventi dell'epoca. 


Il 27 settembre 1955 l'Egitto firmò un accordo con la Cecoslovacchia per l'acquisto di armi sovietiche, rompendo così il monopolio dell'Occidente sulle importazioni di armi nella regione e nei Paesi del Terzo Mondo. L'accordo fu firmato con la Cecoslovacchia e non con l'Unione Sovietica nel tentativo di evitare qualsiasi reazione internazionale negativa mentre il governo egiziano attendeva i finanziamenti internazionali dell'ONU e dell'Occidente per la costruzione dell'Alta Diga. 


Il secondo evento fu la decisione della leadership egiziana di investire in operazioni di guerriglia con base nella Striscia di Gaza, attraverso la formazione di unità palestinesi di fida'i (lotta per la libertà) guidate dal direttore dell'intelligence militare egiziana nella Striscia, il tenente colonnello Mostafa Hafez. A queste unità fu dato il nome di "Battaglione 141", le cui operazioni, iniziate nel settembre 1955, causarono pesanti perdite israeliane. 


Le operazioni del Battaglione 141 cessarono solo dopo che i servizi segreti israeliani ne assassinarono il comandante nel luglio 1956.


Per quanto riguarda i piani di trasferimento della popolazione rifugiata al di fuori della Striscia di Gaza, essi non fecero più parte della politica egiziana per gli anni a venire, ma divennero una prerogativa di Israele dopo l'occupazione della Striscia e della Penisola del Sinai nel giugno 1967. Una delle diverse misure che Israele intraprese durante l'occupazione fu quella di trasferire migliaia di persone rifugiate nella città egiziana di Rafah, in quello che sarebbe stato conosciuto come Campo Canada. In seguito, nel quadro del trattato di pace egiziano-israeliano firmato nel marzo 1979 e del ritiro delle forze israeliane dal Sinai, Israele accettò il principio di rimpatriare le persone rifugiate nella Striscia. Tuttavia, ci vollero più di 10 anni prima che le due parti raggiungessero un piano per tale rimpatrio e ci vollero altri 10 anni, fino alla creazione dell'Autorità Palestinese nel 1993, perché le ultime famiglie potessero trasferirsi nella Striscia.


Bibliografia selezionata

  • Cossali, Paul and Clive Robson. Stateless in Gaza. London: Zed Books, 1986.

  • Filiu, Jean-Pierre. Gaza: A History. London: Hurst, 2014.

  • Palumbo, Michael. Imperial Israel. London: Bloomsbury, 1992.


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