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Lasciate che l'America diventi la vostra periferia

  • Immagine del redattore: Steve Salaita
    Steve Salaita
  • 26 ago 2024
  • Tempo di lettura: 4 min

Aggiornamento: 30 mar

I membri del partito repubblicano e democratico sono ugualmente decisi a sterminare il popolo palestinese. Nel migliore dei casi sono semplicemente indifferenti allo sterminio. Non permettiamo loro di uccidere anche la nostra immaginazione.







Come tutte le persone che si preoccupano della vita del popolo palestinese, anch’io ho pensato molto a cosa si può fare per fermare il genocidio in corso. La sola idea [di intrattenere questo pensiero] mi sembra ridicola, dato che le classi dirigenti di tutto il mondo sono investite nella distruzione della Palestina, ma questo non è un motivo per fermarsi, anzi è un fantastico incentivo a continuare. Le probabilità di successo sono il risultato di ogni buona politica.


Probabilmente non sono il solo a sentirmi a volte sopraffatto e pessimista, ma c'è una cosa su cui insisto: non possiamo lasciare che il genocidio uccida la nostra immaginazione. È allettante cercare una sorta di sollievo all'ombra di personaggi politici famosi, ma dobbiamo pensare al di là di ciò che ci viene venduto come pragmatismo, perché il popolo palestinese merita di meglio del cinismo o della dissimulazione.


Non tutto ciò che facciamo avrà un effetto tangibile sulla liberazione della Palestina, ma ogni atto dovrebbe comunque essere calibrato sulla possibilità di liberazione della Palestina. La distinzione è fondamentale: la grande maggioranza di noi non può aiutare direttamente la resistenza sul campo, ma può mantenere una sensibilità che onora la dignità del movimento nazionale palestinese. Questo significa che dobbiamo perlomeno smettere di cercare di impressionare le persone sbagliate.


Le persone palestinesi che si trovano intrappolate a Gaza parlano, le persone palestinesi fuggite da Gaza parlano, cosí come parlano le persone palestinesi brutalizzate a Khalil e Tulkarem. Parlano i fuggitivi e le persone palestinesi imprigionate, parla il corpo di studenti palestinesi senza più un'università da frequentare.


Sentite queste persone invocare il Partito Democratico come soluzione al genocidio sionista? Ci implorano di votare di più? Di dialogare di più? Di migliorare le nostre carriere? No. Le sentite enfatizzare la libertà, il rispetto di sé, la lotta, il martirio, la forza e la resilienza. Non assomigliano affatto alla classe politica liberale o a chi cerca di persuadere elementi luminari di quella classe a essere meno genocidari.


Perché, allora, chi si preoccupa della vita palestinese dovrebbe dedicare energie al Partito Democratico? È un'istituzione marcia, che non ha nulla a che fare con la liberazione della Palestina: vige su di essa una responsabilità significativa nell'attuale genocidio. È necessario un grande inganno morale o una vera e propria malvagità per ignorare questo fatto. Non sto parlando di strategia di voto o di vita civile (argomenti sui quali ho già detto molto). Ciò che mi preoccupa è il fatto che una vibrante storia di recalcitranza e creatività tra la diaspora palestinese si stia rapidamente perdendo a causa dell'eccezionalismo statunitense.


Connettendo la Palestina al circo elettorale, anche se temporaneamente e in modo obliquo, accettiamo che un sistema ostile che la classe dirigente ama chiamare “democrazia” si sostituisca alla liberazione della Palestina. Infiltrarsi o riformare questa “democrazia” è quasi impossibile e nello scenario più ottimistico non aiuterebbe comunque alla liberazione materiale della Palestina. L'idea è così surreale, così senza precedenti, che non si qualifica nemmeno come pensiero magico; è meglio descrivere l'ignoranza messianica.


Nel momento in cui aggiungiamo la Palestina a questo circo elettorale, l'intera conversazione si perde a favore di Israele. Non voglio ridurre la questione alle intenzioni personali dei singoli; alcune persone sono sincere, altre sono egoiste. Piuttosto, sto sottolineando che quando entriamo in uno spazio in cui la vita palestinese è deliberatamente sacrificabile, dobbiamo sconfessare i principi fondamentali del movimento nazionale palestinese o diventare noi stessi sacrificabili. Nessuna supplica potrà cambiare questa realtà. È come cercare di piantare un giardino tropicale in Alaska.


Siamo a un anno dall'inizio di una brutalità indicibile, cerchiamo quindi di dire le cose in modo semplice: non esiste una soluzione elettorale al problema del genocidio sionista. Se qualcosa di utile si realizzerà negli Stati Uniti, sarà in contrasto con tutti questi stupidi sogni di redenzione americana.


Se volete parlare del partito democratico come un’alternativa migliore a Trump e mistificare gli altri punti di discussione che arrivano a intervalli di quattro anni, allora certo, va bene, fatelo (anche se anche questa è una perdita di tempo). Ma non usate la Palestina come espediente retorico nella vostra capitolazione alla saggezza imperiale comune. Dichiarare che il popolo palestinese deve affrontare minacce più gravi di un vero e proprio genocidio o che la Palestina deve rimanere secondaria rispetto alle questioni interne (come se non lo fosse già) è un argomento sciatto che genera solo imbarazzo e cattiva volontà. Abbracciate il vostro liberalismo e andatevene, così le persone fra noi che si rifiutano di sacrificare la Palestina per l'accesso a un sistema inospitale possono essere emarginate in pace.


Ma ricordate: nessuno a Gaza si aspetta la salvezza americana. Le persone di Gaza non sognano di ricevere udienza con il genocida; sognano la vita, sognano giustizia, sognano la libertà. Ognuno di questi sogni è seminato nei giardini del Mediterraneo orientale.


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