Giornata internazionale della donna: quando le donne palestinesi portarono l'occupazione israeliana sull'orlo del collasso
- Farrah Koutteineh
- 8 mar 2023
- Tempo di lettura: 6 min
Aggiornamento: 8 apr
Le donne palestinesi hanno svolto un ruolo fondamentale nella resistenza, dalla lotta contro il mandato britannico a quella contro il colonialismo, l'occupazione e l'apartheid di Israele. Farrah Koutteineh ripercorre la loro storia radicale nel corso della Prima Intifada.

In tutto il mondo, e nel corso della storia, le donne sono state a lungo la spina dorsale dei movimenti, delle rivolte e delle rivoluzioni, per poi veder mimimizzato, se non addirittura completamente cancellato, il loro ruolo decisivo. Nella narrazione occidentale della lotta palestinese è spesso mancata la visibilità e il riconoscimento del ruolo vitale delle donne palestinesi all'interno della resistenza palestinese precedente la creazione di Israele.
Da Tarab Abdul Hadi, femminista palestinese nata a Jenin nel 1910, fondatrice del Congresso delle donne palestinesi, che si oppose all'occupazione della Palestina da parte del Mandato britannico, a Fatima Bernawi, tra le prime a mobilitarsi contro la colonizzazione israeliana e prima donna prigioniera politica palestinese. La lista continua con Nujoud Merancy della NASA, una delle leader del programma della navicella Orion, che prevede di inviare la prima donna sulla luna nel 2024; e Hanan Hroub, riconosciuta come una delle migliori insegnanti al mondo. E naturalmente le coraggiose giovani donne palestinesi in prima linea nella lotta di oggi, come Ahed Tamimi che ha sfidato l'occupazione israeliana con uno schiaffo che ha fatto il giro del mondo.
Un'altra donna palestinese coraggiosa è Muna El Kurd, il cui giornalismo impavido copre l’ininterrotta colonizzazione israeliana del suo quartiere, Sheikh Jarrah, e ha portato la lotta palestinese a diventare virale nel 2021. Quell'anno è stata premiata come una delle persone più influenti dalla rivista TIME. Le storie di queste donne palestinesi contraddicono i reportage sensazionalistici e razzisti dell'Occidente che le dipinge come anomalie in una società “intrinsecamente patriarcale”. Di fatto, le storie di resistenza delle donne palestinesi sono hanno una dimensione storica e sono coerenti.
Ad esempio, nel 1936 le donne palestinesi di Baqa Al Gharibiyeh hanno preso d'assalto una prigione del Mandato britannico in risposta all'arresto di massa di uomini palestinesi da parte dei soldati britannici, riuscendo così a liberare tutti i prigionieri e a porre fine al coprifuoco imposto al villaggio.
Zahrat al-Uqhawan, nata come organizzazione sociale femminile a Yaffa nel 1933, fu successivamente trasformata dalle sorelle e insegnanti palestinesi Moheeba e Arabiya Khursheed in un gruppo armato di sole donne per combattere direttamente l'occupazione britannica oltre che l'aumento della violenza delle bande di coloni sionisti in Palestina.
Anche il potente ruolo delle donne palestinesi nella Prima Intifada deve essere ricordato nella memoria collettiva, dato che ha portato Israele sull'orlo del collasso. Quando scoppiò, l'8 dicembre 1987, il fronte unito che si era mobilitato nella società civile palestinese fu uno shock inaspettato per Israele. Questo portò a una repressione brutale quasi istantanea e oltre 1.300 persone palestinesi furono uccise, più di 120.000 ferite e oltre 600.000 arrestate. Le forze di occupazione israeliane iniziarono una campagna di arresti, deportazioni ed esecuzioni di massa, in particolare contro gli uomini palestinesi, accusati di “guidare” l'intifada. Le donne palestinesi si fecero rapidamente avanti per riempire il conseguente vuoto di leadership.
Tutti i settori della società palestinese femminile si mobilitarono, superando differenze generazionali, di appartenenza politica e di classe; dalle città e aree urbane, ai villaggi tradizionali. Le donne palestinesi di tutti i ceti sociali si sono improvvisamente ritrovate a dover guidare centinaia di migliaia di persone in uno sforzo organizzato contro la colonizzazione e l'occupazione israeliana.
Il tutto è stato organizzato dal basso: le donne hanno immediatamente messo in rete esperienze politiche precedentemente scollegate, formato comitati popolari, creato sindacati femminili e intrapreso azioni dirette.
Le donne palestinesi iniziarono a indire scioperi politici di massa che includevano anche un boicottaggio attraverso il rifiuto da parte palestinese di pagare le esorbitanti tasse israeliane.
Il boicottaggio comprendeva i beni israeliani da cui la popolazione palestinese era costretta a dipendere a causa delle leggi militari dell'occupante, alcune delle quali vietavano alle persone palestinesi di coltivare la propria frutta e verdura anche per il consumo personale.
Le donne palestinesi hanno introdotto il primo boicottaggio di massa contro Israele, decenni prima della nascita del noto movimento BDS. Sfidando le leggi restrittive di Israele, hanno creato orti nei cortili privati, cooperative agricole e insegnato alle donne a coltivare il proprio cibo.
Per ogni problema che si presentava durante l'intifada, le donne palestinesi erano pronte a trovare soluzioni per risolverlo. Attraverso l'autoformazione hanno imparato nozioni di medicina e creato squadre mediche per fornire assistenza di emergenza, necessaria a causa del crescendo di violenza israeliana contro chi manifestava.
Quando Israele ha chiuso le scuole e le università palestinesi nel tentativo di minare la mobilitazione politica studentesca, le donne palestinesi hanno organizzato dibattiti autogestiti e hanno tenuto lezioni in scantinati ed edifici abbandonati.
Gli scioperi civili prolungati in tutta la Palestina, insieme allo sforzo coordinato per il boicottaggio, hanno ridotto drasticamente la dipendenza dalle merci israeliane e l'economia israeliana è crollata. Questo ha portato a perdite di milioni di dollari ogni anno durante l'intifada. La risposta di Israele fu barbara: impose il coprifuoco giornaliero, arresti di massa, i soldati israeliani ricevettero l'infame ordine governativo di “rompere le ossa” alle persone palestinesi, tagliarono le linee telefoniche di intere città e villaggi palestinesi e misero agli arresti domiciliari un numero enorme di organizzatorɜ.
Tuttavia, le donne palestinesi perseverarono e trovarono il modo di aggirare i numerosi ostacoli che Israele poneva sul loro cammino. Quando Israele mise fuori legge la bandiera palestinese, le donne formarono gruppi di lavoro a maglia e ne realizzarono una propria da sventolare durante le manifestazioni. E quando le forze israeliane misero agli arresti domiciliari figure femminili di spicco palestinesi, quelle stesse donne prepararono il pane e misero segretamente degli opuscoli all'interno di ogni pagnotta, descrivendo i loro piani e le loro manifestazioni imminenti. Questi venivano poi distribuiti nei villaggi, nelle città e nei campi profughi palestinesi da madri con i bambini in braccio, senza che le forze israeliane se ne accorgessero.
Le donne palestinesi combattevano contemporaneamente due lotte: quella per la liberazione nazionale e quella per l'uguaglianza di genere.
La loro forza e determinazione durante la Prima Intifada catturò attenzione in tutto il mondo, tanto che gli Stati Uniti, la nazione più complice e solidale a Israele, furono costretti a intervenire, rispondendo alla riluttanza di Israele a partecipare ai negoziati guidati dall'allora presidente George H.W. Bush e a negare il sostegno finanziario a Israele.
I primi negoziati, noti come Conferenza di Madrid, si tennero nel 1991. Per la prima volta dalla nascita del colonialismo israeliano, il popolo palestinese mise in ginocchio la forza occupante, e furono le donne palestinesi a dettare le regole. Purtroppo, la Conferenza di Madrid fu rapidamente oscurata dagli Accordi di Oslo del 1993. Questi negoziati, avviati segretamente da funzionari dell'OLP, tutti uomini all'estero, che non avevano avuto alcun ruolo nell'intifada, hanno sfruttato gli instancabili sforzi delle donne palestinesi e hanno firmato un accordo che ha peggiorato la vita della popolazione palestinese fino ad oggi. Sono anche responsabili della creazione di una classe politica corrotta, oggi nota come “Autorità Palestinese” , coinvolta in scandali di corruzione e attivamente collaborazionista con l'occupazione israeliana, con l'obiettivo di schiacciare la resistenza palestinese.
Non va dimenticato il ruolo vitale e potente che le donne palestinesi hanno svolto e continuano a svolgere nella lotta contro la colonizzazione, l'occupazione e l'apartheid israeliane. Affinché qualsiasi rivoluzione trionfi, è necessaria la partecipazione e l'inclusione delle donne in ogni fase.
Farrah Koutteineh è responsabile delle relazioni pubbliche e legali del Centro per il ritorno palestinese con sede a Londra; è la fondatrice di KEY48, un collettivo volontario che chiede l'immediato diritto al ritorno di oltre 7,2 milioni di persone rifugiate palestinesi. Koutteineh è un'attivista politica che si occupa di attivismo intersezionale, tra cui il movimento Decolonise Palestine, quello per i diritti dei popoli indigeni e quelli anti-establishment, per i diritti delle donne e per la giustizia climatica. Seguitela su Twitter e Instagram: @key48return
Questo articolo è stato pubblicato originariamente in inglese su The New Arab l’8 marzo 2023 con il titolo “International Women’s Day: When Palestinian women brought Israel’s occupation to the brink of collapse” ed è accessibile al link: https://www.newarab.com/opinion/iwdremembering-palestinian-womens-resistance